Amatori Tivoli Rugby: un anno da incorniciare

Amatori Tivoli Rugby: un anno da incorniciare

Tivoli Rugby
TIVOLI – Quella che sta per concludersi è stata senz’altro la migliore stagione dell’Amatori Tivoli Rugby da quando nel 2004 è nata. Un anno di esultanze ed emozioni come quella che devono aver provato i bambini dell’Under10 che hanno sono scesi in campo al Flaminio insieme ai giocatori della Nazionale Italiana nello scorso Sei Nazioni. Un anno di soddisfazioni e di vittorie, di sconfitte e di sorrisi. Non solo della prima squadra, ma anche e soprattutto del vivaio. Fabio Mezzetti, allenatore del mini rugby (sotto gli undici anni), ha il compito più gravoso e delicato: educare i bambini al rugby. “Cresciamo sempre di più – racconta – abbiamo cominciato il primo allenamento con un solo bambino e oggi ne abbiamo quasi 40. Tra qualche settimana finiremo la stagione, ma già pensiamo a settembre quando riprenderemo le attività”. L’educazione al rugby viene svolta anche presso la scuola Igino Giordani di Tivoli, dove, durante le ore di lezione, diversi allenatori qualificati della società, con in testa l’Head Coach, Claudio Angeli, insegnano il gioco del rugby ad altri cento bambini. Salendo di un gradino si passa all’Under14, il responsabile della formazione rugbistica è Alberto Bitocchi, un passato da pilone in serie A con la Lazio e tanta passione per questo sport, “Stiamo concludendo la stagione in crescendo. All’inizio è stata dura perché i ragazzi erano impacciati, ma quando hanno cominciato a sciogliersi è stato meraviglioso allenarli. Questa è l’età migliore. Stiamo parlando di ragazzi che hanno meno di 14 anni, che vedono il rugby per quello che è. Senza troppi pensieri, giocano a rugby con il solo scopo di divertirsi.” La stessa cosa si potrebbe dire per l’under16 allenata da Marco Dandolo che ha permesso, con il suo lavoro, che alcuni ragazzi riuscissero ad arrivare nella selezione regionale, traguardo importantissimo. Purtroppo, però, ha dovuto pagare lo scotto agli infortuni (numerosi) e all’età dei giocatori “Sono per la maggior parte ragazzi che frequentano la prima classe delle superiori, a metà campionato molti hanno dovuto allentare la presa dal rugby per studiare. Nonostante tutto siamo arrivati quarti nel nostro campionato, segno dell’ottimo lavoro svolto.” Il rugby è uno sport che esservita grande fascino sui ragazzi, tanto da portare molti adolescenti a Rocca Bruna. Costoro hanno avuto la fortuna di incontrare al loro arrivo degli allenatori preparati e stimolanti. Uno di questi è sicuramente Cristian Cerquatti. Per l’Under18 che lui allena servirebbe un articolo a parte. Non è stato un compito facile, alla prima di campionato molti ragazzi non avevano nessuna confidenza con l’ovale. Nel proseguo della stagione i ragazzi hanno acquistato competenza e fiducia in se stessi, dove non sono arrivati con la tecnica hanno messo in campo il cuore e la grinta che da sempre sono il marchio di fabbrica del rugby “made in Tivoli”.

Per parlare della prima squadra usiamo le parole del capitano, Fabiano Capobianchi “Ho ancora in mente le immagini di qualche domenica fa, quando abbiamo giocato contro il Castel Gandolfo per il secondo posto in classifica. È stato meraviglioso vedere giocare i ragazzi in quel modo. Eravamo tutti concentrati e in un ottimo stato di forma. Abbiamo giocato la partita più bella di questo lungo campionato sia con il reparto dei trequarti che con gli avanti. Il merito – conclude Capobianchi – è dello staff tecnico che ci ha seguito durante tutta la stagione. Bisogna ringraziare il nostro allenatore, Claudio Angeli, che di settimana in settimana ha affinato le nostre competenze tecniche e tattiche, e il preparatore fisico Roberto Melillo che ci ha permesso di arrivare in ottima forma fino all’ultima giornata di campionato”. Bisogna premettere che, oltre alla vittoria della partita, non ci sarebbe stato nulla di più ad attendere i vincitori. Si lottava per tener fede all’adagio che nel rugby non esistono amichevoli o partite di fine campionato in cui le due squadre si risparmiano.

Cos’è il Rugby?

Marius Cristi Chitu
Questo è il rugby, signori, uno sport in cui si gioca solo per la gloria, per l’onore, non esistono soldi e non esistono benefit per i giocatori. Tutt’al più hai in omaggio la tuta, ma solo se te la sei guadagnata, solo se dimostri di tenerci. Non importa se sai giocare a rugby, non importa se sei veloce o potente, il rugby non è nulla di più che una danza. È vero, ogni tanto ci scatta la “strattonata di maglia” all’avversario, ma quel che dai in campo ricevi in campo. Se sei leale esci dal campo nelle stesse condizioni in cui sei entrato, se sei scorretto sai che non passerà troppo tempo prima che qualcuno lo sia con te. Non esistono bluff e non esistono acconciature che durino più di due minuti, esiste la paura che ti accompagna prima di scendere in campo e ti abbandona quando tocchi il pallone durante il riscaldamento. Non è paura di farsi male, tutt’altro , è la paura di non essere all’altezza dei tuoi compagni. Il rugby è fango e orgoglio, è sorridere per aver sospinto indietro l’avversario. Non esistono offese all’arbitro, anzi, non si parla proprio con l’arbitro. Chi arbitra non ha necessità di urlare per farsi sentire perché chiama accanto a sé il capitano e parla solo con lui. Quando chiama la mischia, l’arbitro, nonostante si trovi davanti uomini zozzi di fango, li chiama “signori”. Addirittura in Inghilterra li chiama “gentleman”, gentiluomini.
Il rugby è una danza. Cosa direste di un uomo che corre saltellando per non farsi placcare? Cosa direste di due uomini che sollevano un terzo per raccogliere la palla in aria? Cosa direste, infine, di chi si china velocemente per raccogliere una palla che potrebbe schizzare da una parte all’altra senza preavviso?
La palla, così particolare e così preziosa, assomiglia ad una bella donna con la quale puoi fare al massimo un giro di valzer, ma poi devi lasciare che anche altri abbiano l’onore. E ti sacrificherai perché gli “altri” siano della tua squadra.
Il rugby è la vita: lavoro, impegno, sofferenze, gioie, timori, esaltazioni. Non esistono protagonisti, da soli non andrebbero da nessuna parte, esistono squadre composte da giocatori meravigliosi. Non bravi o belli, semplicemente meravigliosi. Mettono la testa dove molti di noi non metterebbero nemmeno i piedi. È una somma di sacrifici. È un buffetto consolatorio sulla nuca del tuo compagno che ha appena perso una palla che a te era costata fatica recuperare. È fratellanza e unione. Un abbraccio tra due giocatori di rugby è sincero. Uno dei due abbraccia perché preoccupato che l’altro possa scappare: si chiama placcaggio. E poi ci sono le cene e i terzi tempi. Qualche tempo fa Prandelli costringeva la Fiorentina ad attendere gli ospiti davanti all’ingresso degli spogliatoi per salutarli. I giornalisti chiamarono quello “Terzo tempo”, ma il terzo tempo è un rito del rugby che si svolge dopo la partita. Quando giocatori delle due squadre, tifosi e arbitri si fermano a bere e mangiare insieme. È là che nascono le amicizie, è là che impari a rispettare i piloni che mangiano più degli altri perché, a loro dire, hanno consumato più degli altri.
Come dice spesso Vittorio Munari che questo sport lo consce meglio di molti altri in Italia: “Nel rugby ci sono quelli che suonano il piano e quelli che lo spostano.” Io amo la buona musica.

[Articoli pubblicati su “XL,Quindicinale per le Associazioni la Cultura e il Tempo libero” numero 10 del 20 Maggio 2010, pagina 23. Gli articoli sono a firma Pasquale Giordano ]

AdminTivoliRugby2013

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